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1499,
INIZIO Della COSTRUZIONE
della "Soranza"
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Disegno della parte centrale della "Soranza" |
Nel 1494, dopo venticinque anni dalla
morte di Giovanni Soranzo dal banco
[1], i due figli rimasti in vita,
Benedetto
[2] e Vittore e i nipoti, Jacopo
[3] figlio di Francesco e Polo figlio
di Pietro, decidevano di dividersi i beni della terraferma ereditati dal
padre e dal nonno. Due anni dopo, nel 1496, a seguito della morte di
Benedetto il fratello Vittore e i nipoti pervenivano nuovamente a una
successiva ripartizione dei beni dello stesso. Per una graduale
passaggio e verifiche sulle divisioni di terre, palazzi e case, decisero
di rimanere “in solidum” ancora per qualche anno. Vittore nel 1499
lasciava definitivamente la curia di Treville, nel sorteggio assegnata
al nipote Polo e data la disponibilità dei suoi beni, situati in
prevalenza nella regola di Sant’Andrea O/M decideva di iniziare “ex
novo” la costruzione di una fabbrica nella località che solo da quel
momento in poi sarà chiamata “la Soranza”: luogo a nord della
regola, nelle immediate vicinanze delle fabbriche di Giorgio Cornaro
[4] a Poisolo. Il sito individuato era
ubicato nell’allora contrada e Via delle “Leve” (via alevatis), strada
che portava e porta verso est a Castelfranco. A ovest, invece, si
dirigeva e si dirige verso San Martino di Lupari e Cittadella e dove da
subito incrociava la Via Pagnana, strada alto medioevale (forse
d’origine romana) che collegava il Pedemonte con Padova. La contrada
delle “Leve”, sull’omonima via, estesa tra le regole del Monastero di
San Giorgio di Campretto, San Martino di Lupari, Sant’Andrea O/M,
Treville e Poisolo era stata e ancora era a quei tempi un crocevia
importante per recarsi a Bassano, Cittadella, Godego, Asolo e il
Pedemonte, Castelfranco, Loreggia, Camposampiero e Padova: luogo quindi
ideale anche per il traffico agricolo e commerciale tenuto dalla
famiglia in quegli anni.
Nel primo documento, preso in esame, è
presente Jacopo Soranzo che si era recato a Bassano e a Solagna per il
rinnovo d’alcune possessioni a livello d’enfiteusi (con rinnovo perpetuo
ogni ventinove anni) di beni già appartenenti alla famiglia dai primi
anni del 1400 ed ereditati da Maddalena de Rossi, pronipote di Guglielmo
Camposampiero, a lui appartenenti dopo le divisioni del 1494-96. Lo
accompagna il prete Masino del fu Vittore di Cittadella. Il prete Masino
rettore della chiesa di sant’Andrea O/M aveva avuto l’incarico, da
Vittore Soranzo, di mettersi in contatto con il mastro lapicida Giovanni
Zucolo di Bassano per chiedere il motivo di una mancata consegna dei
materiali già ordinati e nel convenire ulteriori lavori da farsi per la
fabbrica della “Soranza”. Vittore moriva l’anno dopo nel 1501,
lasciando la fabbrica iniziata ai figli Giovanni e Alvise.
Dalla descrizione dei componenti in “biancone”, in parte fatti e in
parte richiesti, si capisce già da subito l’impronta notevole che
avrebbe avuto la costruzione: dieci camere, trentadue finestre, la porta
della scala maestra, otto colonne, due balconate, ecc. Nel secondo
documento, dopo la morte di Vittore, la costruzione della fabbrica
sembra fermarsi, nell’attesa del passaggio ereditario della stessa ai
figli. Sì mette sull’avviso, però, i conduttori di un fondo locato dalla
commissaria di tenersi pronti, per cinque giorni al mese durante la
primavera, con carri e buoi per gli eventuali lavori di completamento e
per il trasporto dei materiali. Negli altri documenti, stilati negli
anni successivi, troviamo il figlio Alvise, il prete Masino e Giorgio da
Milano fattore dello stesso, nel compito di far proseguire i lavori
voluti a suo tempo da Vittore. Continuavano dunque le realizzazioni
delle adiacenze del complesso a sud: chiesa, colombara, granai, ecc,
come già predisposto. Della fabbrica, nell’estimo del 1519 della
podesteria di Castelfranco, alla voce “forestieri” della regola di Sant’Andrea,
non si fa cenno, per il semplice fatto che in tutto l’estimo della
podesteria, non era stato predisposto il rilevamento delle ”case da
stazio” appartenenti e abitate dai “forestieri veneziani”. La località però è
descritta come “contrà della fabbrica”. Nel successivo passaggio e
divisione ereditaria dei beni del fu Vittore, la parte di rilievo della
fabbrica principale a nord, quella da tutti conosciuta come “La Soranza”,
passerà a Giovanni, quella a sud della via ad Alvise. Nell’estimo
generale del 1542-1556, sempre a Sant’Andrea alla voce “forestieri” è
Pietro, figlio di Giovanni il proprietario del complesso a nord della
via.
“Magnifico miser Piero Soranzo
nobile veneto ha una casa grande da statio stalle, et tezze da coppi
cortivo et horto circumdati da muro, et uno brolo contiguo de campi sei,
alla Soranza, confina via publica et li heredi quondam magnifico misier
Alvise Soranzo nobile veneto et dettratti campi tre juxta ordinem
capituli, tenuti per uso suo, il restante si arbitra potersi affittar
lire desdotto de piccoli”.
“Heredi quondam
magnifico miser Alvise Soranzo nobile veneto hanno una casa grande da
statio stale, teze et caneve da coppi, et una columbara alla Soranza et
uno brolo contiguo de campi cinque e mezzo, cofina via publica et
magnifico miser piero Soranzo nobile veneto, tenuta per proprio uso et
lasciata con campi tre del ditto brolo iuxta ordinem capituli, et
detratti ditti campi tre, il restante si arbitra lire quattordese e
mezza".
"Heredi antescritti
hanno uno broletto piantado et videgado de campi dui et questo uno alla
Soranza apresso la tezza, confina a due bande via publica, tenuto per
uso loro et arbitrarsi potersi affitar lire quattordese et soldi dodese
de piccoliet per la mittà de vin conzi cinque”.
Sarà dunque in seguito Pietro, figlio di Giovanni e nipote dello stesso
Giorgio Cornaro, ad assegnare l’incarico del riordino architettonico al
Sanmicheli e decorativo al Veronese. Nel 1817 verrà demolita e numerose
porzioni degli affreschi strappati, si parla di circa 180 pezzi, saranno
in parte dispersi e in parte venduti, soprattutto in Inghilterra. Alcuni
di questi attualmente si trovano nella sagrestia del Duomo di
Castelfranco.
[1] Figlio di Vittore Soranzo del confinio di Sant’Angelo (Venezia) e di
Bianca de Bugni, nipote di Pino de Bugni e di Maddalena de Rossi.
[2] All’epoca
Arcivescovo di Nicosia, Cipro, commendatario
dell’abbazia di Santa Eufemia di Villanova, ora Abbazia Pisani, del
priorato di San Giorgio di Campretto, ora Monastiero e del priorato di
San Floriano di Marostica.
[3] In seguito procuratore di San Marco (ved.ritratti del Tintoretto).
[4] Figlio di Marco e fratello di Caterina Cornaro. Il figlio di
Giorgio, Giovanni erediterà in seguito la fabbrica a Poisolo e il
palazzo in San Polo a Venezia, dove commissionerà al Sanmicheli il
rifacimento.
(Per ragguagli sui
Soranzo vedi la rispettiva voce) |